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IL PERIODICO DELLA LIBERA INFORMAZIONE
Mirano "Io mi fido di te, e tu?" Abbracci Gratis 2018
Giovanni Terlizzi
Spettacolo sui monti Ghati, nel Sud dell'India.
Il fiore Kurinji
Il fiore Kurinji cresce soprattutto alle pendici dove c'è poca flora e in assenza di alberi. Si tratta di un fiore con gambo alto, che può raggiungere i 30-60 centimetri, e quando fiorisce l'intero cespuglio viene ricoperto di fiori blu brillante. E' un minuto fiore di montagna a forma di campana blu brillante, con la caratteristica unica che fiorisce una volta in 12 anni! Il fiore che ha circa 40 varietà principali colorisce nelle diverse tonalità dell'azzurro, e da questo prende il nome "Neela", nella lingua locale, significa azzurro e Kurinji è il nome locale per "fiore". Come detto esistono diverse varietà e alcune hanno un ciclo di fioritura inferiore fino a 7-4 anni, ma i più famosi arrivano a 12 anni.
Giovanni Terlizzi
La guerra distrugge. L'arte ricorda
Macerie, nulla di più o di meno, ecco cosa resta di ogni guerra comandata da sovrani, eletti dal popolo o a dirla tutta, dal popolo che guarda la tv ed è pensato dai mass media.
Chi muore nel frattempo è la povera gente e quando parlo di povera gente intendo anche i militari che spesso hanno trovato nel combattere l'unica via per guadagnarsi da vivere, la loro vita a meno di 2000 euro al mese in cambio della possibilità di farsi una famiglia o di poter vedere concesso un prestito in banca poi se non tornano a casa poco importa perlomeno ci sarà una bandiera sopra la loro bara come compenso a quelle carezze o rassicurazioni che alle mogli e ai loro figli mancheranno per sempre.
Della gente che ha la sola colpa di essere nata nel posto sbagliato, martoriato dalla foga di squilibrati che giocano a risiko sulle loro teste, di questa gente non so che dire se non rimanere a sentire, in ascolto di un suono di violino, uno scenario di tragedia. D'altronde noi umani siamo anche questo.
P.R.
La Cura Psicosomatica
MAL DI TESTA (CEFALEA ED EMICRANIA)
La cefalea è il termine medico che definisce un disturbo chiamato più comunemente mal di testa o
dolore alla testa. Si tratta di un sintomo molto comune che assume
diverse forme e vari gradi d'intensità: può essere di breve durata o
persistente, occasionale o ricorrente. La sua origine primaria è,
ancora oggi, oggetto di studio e analisi. Un elemento fondamentale per
arrivare ad una diagnosi corretta è la tipologia del dolore (pulsante,
trafittivo, superficiale, profondo) e la sua posizione (occipitale,
frontale, laterale).
Tra le ipotetiche cause individuate ci sono
diversi fattori (ed esempio circolatori o emotivi) che, tuttavia, non
riescono a dare una spiegazione esauriente al disturbo. La prima
distinzione importante di cui tenere conto è quella tra le cefalee che
costituiscono una
patologia a sé stante (cefalee primarie o essenziali) e quelle che invece sono la conseguenza di altre malattie (cefalee secondarie).
A
volte la cefalea è semplicemente la risposta a determinati stimoli come
la fame, gli stress fisici e psichici, il cambiamento di pressione
atmosferica o una reazione ad alcuni alimenti o bevande.
Le cefalee primarie più comuni sono la cefalea muscolo tensiva, l'emicrania e la cefalea a grappolo.
La cefalea muscolo-tensiva è
comunemente definita come un "cerchio alla testa"; il dolore è
accompagnato da un senso di compressione del capo ed è provocato dalla
tensione dei muscoli del collo, del volto e del cuoio capelluto. Può
essere cronica o episodica e colpisce generalmente chi fa un lavoro
intellettuale o chi assume per lungo tempo posizioni scorrette.
Tuttavia la causa più nota è l'accumulo di stress e tensioni eccessive.
Una varietà molto diffusa di cefalea è l'emicrania,
che ha come caratteristica principale un dolore che colpisce una sola
metà del capo, nelle regioni della tempia, della fronte o delle orbite.
L'emicrania si presenta con attacchi ciclici intervallati da periodi
senza dolore. Il disturbo è legato a fattori vascolari ed è costituito
da due fasi: una di vasocostrizione dei vasi meningei caratterizzata da
sintomi premonitori (la cosiddetta aura) come senso di
pressione alla testa, ronzii e vertigini, visione di puntini
scintillanti, ipersensibilità e intolleranza ai suoni (iperacusia). A questa fase segue la vasodilatazione, rappresentata dalla vera e propria crisi dolorosa.
L'emicrania
ha varie intensità: può essere di breve durata e tollerabile, oppure
talmente violenta da costringere il soggetto a distendersi a letto al
buio, soprattutto quando si accompagna a nausea, vomito, fotofobia,
malessere generale. Il disturbo è ereditario e colpisce prevalentemente
il sesso femminile, compare al risveglio e si attenua con il sonno. È
spesso scatenata dalle mestruazioni, da determinati odori o alimenti.
La cefalea a grappolo,
prevalente nel sesso maschile, è caratterizzata da dolore intenso,
lancinante e trafittivo, localizzato per di più nella regione
temporale, occipitale e sopraorbitale. Il sintomo si aggrava quando il
soggetto è in posizione supina e si accompagna generalmente a
congestione nasale, arrossamento delle congiuntive, lacrimazione, edema
della palpebra, fotofobia. Viene definita a grappolo perché gli
attacchi si verificano in determinati periodi dell'anno e in orari
precisi, intervallati da fasi di benessere.Le
cefalee secondarie hanno diverse cause, tra le quali le più note sono:
traumi e lesioni del capo, ischemia, aneurisma, trombosi, meningiti,
tumori celebrali, diabete, malattie renali, nevralgie facciali,
sinusite, assunzione di sostanze (alcool, caffeina, oppiacei),
infezioni virali o batteriche (influenza, raffreddore, varicella).Nonostante
la costante ricerca di cause e nuove classificazioni, la cefalea e
l'emicrania sono sintomi ai quali, da sempre, è stata riconosciuta
un'evidente origine psicosomatica. La testa, a livello simbolico, rappresenta l'alto, al contrario del corpo, che simboleggia il basso. In essa risiedono i pensieri, l'intelligenza e la ragione ed è, quindi, l'immagine corporea della razionalità.
L'interpretazione
in chiave psicosomatica dei sintomi diventa più chiara quando si
analizza la personalità del soggetto cefalgico, per il quale il mal di
testa diventa una modalità per esprimere un disagio profondo della psiche.
Chi
soffre di questo disturbo ha un approccio mentale e razionale e il suo
ritmo di vita è forzato e innaturale; ogni problema non viene elaborato
emotivamente ma risolto con l'ausilio della logica, che appare come
l'unica strategia possibile. La rigidità, la tensione e l'orgoglio
elevato tipici di questi caratteri si riflettono sulla muscolatura del
capo, delle spalle, del collo e della colonna vertebrale. L'impresa
più difficile è "mollare" il controllo per dare spazio all'emotività,
all'istintività, alla corporeità, alla sessualità. Il cefalgico è un
perfezionista che si pone continuamente obiettivi, spesso
irraggiungibili; è un soggetto molto vulnerabile al giudizio esterno,
per questo l'immagine che rimanda deve sempre essere impeccabile. La
lotta continua tra razionalità ed emotività è la
grande chiave di chi soffre di cefalee. Ma, nonostante l'approccio
estremamente mentale, il cefalgico ha dentro di sé una fortissima
carica emotiva e passionale e l'emergere del disturbo segnala ciò che è
avvenuto nell'adolescenza del soggetto e che ha generato il blocco:
una correzione di percorso inopportuna che lo ha portato a sviluppare
lo strumento mentale come meccanismo di difesa dalla sfera emotiva.
Il meccanismo psicosomatico è nascosto nelle diverse tipologie di sintomi: sentire la testa pesante indica un sovraccarico di pensieri e preoccupazioni; il dolore pulsante rappresenta il contenuto inconscio che preme per uscire perché non trova sufficiente spazio; le fitte sono la razionalità esagerata che sopprime e tiene sotto controllo istinto e aggressività. Altri sintomi associati al mal di testa sono la fotofobia, che si presenta in quei soggetti che cercano di non vedere, di rimuovere le ragioni del conflitto; la lacrimazione, simbolo di un pianto depressivo non sfogato e di un'affettività repressa che si trasformano in lutto e malinconia; la nausea e il vomito sono la traduzione sintomatica di rifiuto e aggressività.
Quando c'è la tendenza a caricarsi di troppe responsabilità, il dolore si concentra nella zona occipitale posteriore (la nuca), mentre se è prevalentemente frontale indica un eccessivo utilizzo delle capacità mentali.Il meccanismo psicosomatico è nascosto nelle diverse tipologie di sintomi: sentire la testa pesante indica un sovraccarico di pensieri e preoccupazioni; il dolore pulsante rappresenta il contenuto inconscio che preme per uscire perché non trova sufficiente spazio; le fitte sono la razionalità esagerata che sopprime e tiene sotto controllo istinto e aggressività. Altri sintomi associati al mal di testa sono la fotofobia, che si presenta in quei soggetti che cercano di non vedere, di rimuovere le ragioni del conflitto; la lacrimazione, simbolo di un pianto depressivo non sfogato e di un'affettività repressa che si trasformano in lutto e malinconia; la nausea e il vomito sono la traduzione sintomatica di rifiuto e aggressività.
Quando c'è la tendenza a caricarsi di troppe responsabilità, il dolore si concentra nella zona occipitale posteriore (la nuca), mentre se è prevalentemente frontale indica un eccessivo utilizzo delle capacità mentali.
La cefalea muscolo-tensiva è tipica dei soggetti che si fanno carico di tutti i problemi, sono molto responsabili e considerati come punti di riferimento ai quali si delegano le decisioni importanti. Il capo diventa un contenitore di troppi e gravosi pensieri, che provocano la tensione dolorosa dei muscoli del collo costretto a reggere tutto il sovraccarico.
Nella cefalea a grappolo il dolore associato alla lacrimazione rappresenta simbolicamente un pianto che il soggetto ha trattenuto e non espresso, oppure in certi casi, indica una difficoltà a mettere in atto un cambiamento a causa di circostanze esterne o di resistenze interiori.
Nell'emicrania l'aspetto psicosomatico si esprime in modo differente rispetto alle cefalee. Questo disturbo è caratterizzato da due fasi sintomatiche: inizialmente si verifica una vasocostrizione delle arterie che portano il sangue al cervello, meccanismo che rappresenta simbolicamente l'emergere di un conflitto inconscio o di emozioni molto intense. Nella fase successiva, quando esplode il dolore, avviene una dilatazione delle arterie: questo momento simboleggia la resa, il tentativo di elaborazione dei contenuti interiori che prorompono verso l'alto.
L'emicrania, inoltre, esprime spesso una sessualità vissuta come conflittuale.
M. C.
IL BRUXISMO
Il bruxismo
è un disturbo che consiste nella tendenza al digrignamento dei denti,
ovvero allo sfregamento involontario delle arcate superiori e inferiori
durante il sonno. Il sintomo si manifesta prevalentemente la notte,
con episodi ripetuti e un'acutizzazione nella fase del sonno REM, ma
può verificarsi anche durante il giorno, in stato di veglia. Il
bruxista non si accorge di avere questo disturbo e solitamente ne viene
a conoscenza quando si presentano sintomi fastidiosi che, dopo accurata
indagine clinica, il medico riconduce a questa patologia.
I disagi più evidenti vi verificano a carico dei denti;
usura e deterioramento dell'arcata dentaria (in particolare di molari e
premolari), infiammazioni gengivali, perdita di otturazioni e capsule,
sensibilità al caldo e al freddo, malocclusione della mascella,
difficoltà nello sbadigliare e nell'aprire al massimo la bocca,
affaticamento della muscolatura masticatoria. Si possono presentare
anche altri sintomi che, pur sembrando diversi tra di loro, convergono
sullo stesso disturbo: sonno non ristoratore, dolori ai muscoli del
collo, delle spalle e della cervicale, mal di testa, vertigini, fitte
alle tempie, tensione alla nuca, alitosi, cattiva digestione.
A
livello organico sono state individuate delle cause che possono
scatenare il disturbo come cattiva occlusione dentale, malattie
neurologiche, effetti secondari di alcuni farmaci. Tuttavia, come per
le cefalee e le emicranie, è stata riconosciuta al bruxismo una chiara origine psicosomatica legata alla correlazione tra tensione emotiva e digrignamento dei denti. Il
bruxismo svela il suo significato già nella manifestazione sintomatica;
chi soffre di questo disturbo "affronta la vita a denti stretti"
perciò tenta di scaricare con il digrignamento l'aggressività
accumulata durante il giorno, che non trova spazio nella vita
cosciente.
Ciò che colpisce è che il bruxista decide di scegliere il
momento del sonno, ovvero una fase non pericolosa, per esprimere rabbia e
tensioni represse. Questo avviene perché durante il giorno il soggetto
ha paura di esprimersi e l'aggressività viene filtrata da meccanismi
di difesa che proteggono da timori e insicurezze. La rabbia che
vorrebbe sfogare all'esterno viene rivolta verso se stesso attraverso
il sintomo. Chi digrigna i denti la notte spesso cerca di elaborare
eventi negativi vissuti oppure rimugina continuamente. La rabbia viene
repressa per il timore di esagerare o per forti sensi di colpa. Nel
bruxismo possono coesistere digrignamento e serramento delle mandibole
oppure i due sintomi possono presentarsi separatamente. Quando il
soggetto serra la mandibola è spesso soggetto a situazioni ansiogene o a
"prove di forza" alle quali non può cedere.
Ciò che il bruxista
teme di più è la condanna sociale alla quale andrebbe incontro se
provasse ad esprimere le contrarietà da tempo trattenute; oppure, in
altri casi, il sintomo simboleggia quelle situazioni nelle quali il
soggetto vorrebbe reagire ma non può farlo, ad esempio in ambito
professionale.
Solitamente chi soffre di bruxismo riesce a sfogarsi
e ad esprimere la rabbia con persone delle quali si fida e non teme il
giudizio.
A livello psichico, molti bruxisti hanno una parziale e
molto complessa dipendenza dalle figure genitoriali che tendono a
spostare su altri soggetti relazionali, ad esempio il partner.
L'oralità
tipica di questo disturbo è legata al rapporto con i genitori dai quali
il soggetto non si è mai sentito amato pienamente. Da questa dinamica
affettiva deriva anche la difficoltà ad esprimere e ad affermare se
stessi.
M.C.
Sull'antidepressivo
Non
posso dire sull'eroina. Andrea l'amava e la ama ancora adesso,
anche se si è disintossicato fisicamente. Quando ne parla, infatti,
gli si illuminano gli occhi. La droga toglie il male, leva la fame,
lenisce il dolore, non fa sentire né il caldo né il freddo... più
semplicemente, non fa sentire. La droga annulla. La droga spegne. Andrea
mi ha parlato molto dei magici poteri del brown sugar, mi ha
parlato molto delle reazioni del fisico all'astinenza, ma non ho mai
sentito una parola sulle cose perdute e poi riscoperte dopo la
disintossicazione. Mai!
Io posso dire sull'antidepressivo: è come l'eroina, spegne tutto. Per quello stai bene.. Ohh!!! Se stai bene!!!! Non senti, non vedi, non piangi. L'antidepressivo uccide il bambino che è dentro di noi, levandoci la magìa e la curiosità sul mondo. Vediamo e sentiamo ma sono un vedere ed un sentire parziali, razionali, puramente limitati ai sensi. E' come se annullasse quel sacro legame tra organi di senso ed emozioni. Tutto il nostro essere è qui e ora, non è più collegato al passato. La sostanza è come l'anello per Gollum, il quale affermava di aver dimenticato il sapore del pane, il rumore degli alberi, la delicatezza del vento, il proprio nome. Così gli odori non ci evocano più che siamo stati bambini, al gusto non è più permesso di ricordarci le nostre prime torte o le ciliegie rubate sugli alberi, e le nostre tanto amate canzoni si trasformano in piacevoli rumori, accompagnati da parole senza molto significato.
Non proviamo emozioni, non c'è più empatìa, siamo solo dei corpi, delle menti inerti che vanno avanti per inerzia, senza spinta e, quindi, destinati a fermarci. La cosa incredibile è che facciamo fatica ad accorgercene di tutto ciò. Siamo sollevati dalle preoccupazioni, quasi nulla tocca il nostro inconscio. L'antidepressivo nasconde molto bene i nostri mostri e, se decidiamo di non voler più beneficiare di questo privilegio, dobbiamo sapere che la sospensione di tale sostanza non può avvenire bruscamente da un giorno all'altro, ma deve essere dolce, lenta, un poco per volta, un giorno dopo l'altro. Dobbiamo riabituarci al nostro essere autentico, al nostro sentire il mondo e noi stessi, soprattutto. L'antidepressivo tolto senza accortezza da un giorno all'altro causa la sindrome da sospensione, un trauma tremendo che resterà nella memoria di chi lo prova: è come sopravvivere ad un naufragio. I nostri mostri riemergono con violenza e noi non siamo pronti, così il nostro livello di allerta aumenta, aumenta, aumenta fino a mutilarci nel corpo e nella mente. Invalidanti i dolori muscolari, invalidante l'aggressività, la confusione, la rabbia. Siamo immersi in una bolla che distorce. Chi non ha assunto di persona queste sostanze non dovrebbe essere libero di prescriverle ad altri.
Al contrario, se la sospensione è misurata, accorta, graduale, il risveglio è dolce e meraviglioso, ce ne accorgiamo quando i nostri occhi riescono a far uscire qualche lacrima per qualcosa che abbiamo visto o sentito o, addirittura, per qualche ricordo che, timido, riaffiora in superficie come una rana riemerge dal fango dopo un letargo durato molti, troppi mesi.
A. F.