IL TSO: un trattamento pericoloso e obsoleto
Troppo spesso sentiamo parlare di Tso ascoltando con estrema leggerezza
un acronimo che fa riferimento al trattamento sanitario obbligatorio. Un
residuale dell'epoca manicomiale totalmente incompatibile, come
procedimento medico, al nostro definirci società moderna.
Un
insulto alla cultura umanistica del nostro paese e ai risultati degli
studi, in ambito psicologico degli ultimi anni, che dimostrano come le
cure psicologiche siano molto più efficaci e durature nel tempo degli
interventi farmacologici.
Il sette maggio nella mia trasmissione
radiofonica, I fiumi di Jane, si è parlato di un giovane siciliano,
Dario Musso sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio in
seguito a un atteggiamento, considerato provocatorio e anarchico, per il
periodo storico che stiamo vivendo.
In buona sostanza Musso invita
alla ribellione con un megafono da cui parla seduto dentro la sua
automobile. Invita a non credere alla gravità della pandemia e a
riprendersi la normalità che ci stanno rubando. Tutto ciò viene filmato
da lui stesso e montato in un video insieme ad un altro filmato fatto da
una ragazza che osserva la scena commentandola, dalla finestra del suo
palazzo.
Succede che Musso viene circondato dalle forze dell'ordine
che lo invitano a scendere dalla sua automobile e successivamente viene
bloccato, buttato a terra e sedato da un medico che puntualmente, come
se fosse addestrato a farlo, si coordina con le azioni della polizia.
Il video termina con le voci della ragazza che spaventata, ripete in dialetto siciliano che lo stanno sedando.
Guardando
bene il video sembra di assistere ad un atto violento e spropositato
verso un ragazzo sulla trentina che in maniera utopistica, forse crede
ancora di poter cambiare il mondo, guidato da una passione politica e
dall'illusione di poter fronteggiare le ingiustizie da eroe sfidando le
leggi della civiltà.
E' sulla civiltà che vorrei cominciare la mia
riflessione da psicoterapeuta e psicoanalista che si è occupato da 15
anni di clinica ma soprattutto da poeta che ama la saggezza intrinseca
in quegli autori che hanno fatto la cultura italiana. Ungaretti
intervistato da Pasolini diceva che la civiltà è di per sè un atto
contro natura e infatti secondo me, è sulla capacità di accogliere, nel
nostro essere civili la diversità, che misuriamo la nostra grandezza
come popolo e come individui.
Il Tso è un trattamento medico
presumibilmente volto alla cura e cioè a quel bene garantito da molte
civiltà che dovrebbe apportare un beneficio alle persone con problemi
mentali.
Un trattamento psichiatrico residuale dei manicomi e cioè
di quei lager in cui venivano fatti esperimenti sulle persone,
allontanate dalla società civile poichè considerate pericolose o
disfunzionali al sistema.
In buona sostanza, non eliminare il Tso fu
un compromesso che Basaglia dovette accettare per far abolire i
manicomi, completando la sua opera a metà.
Non si può dire di aver
dato dignità ai pazienti con una malattia mentale se poi nella clinica
non si scinde la patologia dalla persona. Il procedimento coatto infatti
annulla l'individuo, oggettivando e riducendo la sua natura a una
visione organicistica in cui il "malato" diventa un cervello da
riequilibrare. Basaglia in merito si esprimeva cosi: "non bisogna
lasciarsi andare a facili euforie. È una legge transitoria, fatta per
evitare i referendum, e perciò non immune da compromessi politici. Non
si deve credere di aver trovato la panacea a tutti i problemi della
malattia mentale con il suo inserimento negli ospedali tradizionali. La
nuova legge cerca di omologare la psichiatria alla medicina, cioè il
comportamento umano al corpo. È come omologare i cani con le banane".
Basaglia
in cuor suo sperava che la società un giorno facesse germogliare quei
semi di umanità che lui aveva sparso con la sua rivoluzione
psichiatrica, non è stato così anzi al contrario molti medici adattano
la clinica alla legalità senza interrogarsi su quei temi etici
indispensabili per svolgere qualsiasi professione di aiuto.
E'diffusa
la convinzione tra gli psichiatri che i pazienti ricoverati in regime
di trattamento sanitario obbligatorio entrino in un sistema per anni, a
volte per tutta la vita, che li porterà ad avere pluriricoveri e
trattamenti farmacologici coatti con farmaci depot, neurolettici che si
depositano nel sangue facendo effetto per 15 giorni o un mese con rischi
spesso altissimi per la salute del paziente, in quanto in caso di
sindrome maligna del farmaco, la concentrazione dello stesso non si
potrebbe eliminare, portanto in qualche caso la persona alla morte.
Un
altro effetto della coercizione è la risposta imprevedibile della
persona sottoposta al trattamento sanitario obbligatorio, ho ancora in
mente gli articoli su un caso della provincia di Padova. Un ragazzo,
Mauro Guerra reagì alla polizia che voleva bloccarlo, ricevendo una
pallottola alla schiena che gli tolse la vita. «Nemmeno un cane si
uccide in questo modo», così la sorella in lacrime commentò ai
giornalisti l'accaduto. Fu ucciso perchè si ribellò al contenimento
fisico!
Pertanto la vera riflessione che vorrei indurre nel lettore
non è su questioni particolari ma sulla dignità medica nel 2020 del
trattamento sanitario obbligatorio. Vorrei chiedere al nostro ministro
della salute se è possibile che una società moderna come quella italiana
si avvalga per la cura delle persone con patologie psichiche di un
residuato manicomiale? E' davvero più conveniente in termini economici
trattare i pazienti con i farmaci che con le cure psicologiche che
secondo studi recenti risultano molto più efficaci e durature nel tempo?
Ci sono logiche diverse dalla scienza che giustificano il Tso? E se si
quali